CHE COS’È IL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE?S’È IL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE?S’È
IL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE?
È il
sangue che rimane nel cordone ombelicale e nella placenta dopo la recisione del
cordone ombelicale alla nascita. Questo sangue, che normalmente viene scartato assieme
alla placenta, è la terza fonte, dopo il midollo osseo e il sangue periferico (cioè
il sangue circolante nei vasi sanguigni), di cellule staminali emopoietiche, cellule
che generano i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine, utili alla cura
di malattie del sangue e del sistema immunitario.
PERCHÉ DONARE IL SANGUE CORDONALE?
Per aumentare
le possibilità di cura delle persone affette da patologie trattabili solo attraverso
un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Il sangue cordonale viene principalmente
utilizzato per curare bambini o adulti di basso peso poiché la quantità di cellule
staminali che contiene è molto inferiore a quella presente nel midollo osseo e nel
sangue periferico e quindi non sempre è sufficiente per un trapianto in persone
che superano i 50 chilogrammi di peso.
QUALI MALATTIE PUÒ CURARE?
Il trapianto
delle cellule del sangue del cordone ombelicale può curare malattie tumorali del
sangue come la leucemia e i linfomi (tumori del sistema linfatico) e patologie non
tumorali come, ad esempio, la talassemia (malattia ereditaria del sangue), l’aplasia
midollare (mancata produzione delle cellule del sangue) e le immunodeficienze congenite
(mal funzionamento del sistema immunitario che causa una maggiore predisposizione
alle infezioni). Le cellule del sangue del cordone ombelicale sono utilizzate per
curare persone sottoposte a chemioterapia o terapia radiante ad alte dosi. Non ci
sono invece evidenze scientifiche di provata efficacia sull’utilizzo del sangue
cordonale per la cura di malattie croniche degenerative quali il diabete, il morbo
di Alzheimer, la sclerosi laterale amiotrofica.
CHI PUÒ DONARE IL SANGUE DEL
CORDONE OMBELICALE ?
Le partorienti
che, nel corso della gravidanza e sulla base del loro stato di salute, siano risultate
idonee alla donazione. Il Ministero della salute ha indicato alcune controindicazioni
alla donazione che possono emergere al momento del parto e quindi rischiare di rendere
non idoneo il sangue raccolto: la durata della gravidanza inferiore a 35 settimane,
lo stato febbrile della puerpera al momento del parto, malformazioni congenite nel
neonato,rottura delle membrane da più di 12 ore prima del parto.
LA DONAZIONE DEL SANGUE CORDONALE
COMPORTA DEI RISCHI?
No, la
donazione non comporta rischi né per la mamma né per il neonato. Solo dopo aver
reciso il cordone ombelicale viene prelevato il sangue contenuto al suo interno.
La donazione non è quindi dolorosa e non si sono mai registrati casi in cui donare
il sangue cordonale abbia causato problemi di salute alla madre o al neonato. La
donazione non sottrae al bambino in alcun modo risorse di sangue: infatti, in assenza
della donazione, il sangue contenuto nel cordone reciso viene smaltito.
COME SI DIVENTA DONATRICI DI SANGUE CORDONALE?
Le donne
che desiderano donare il sangue del cordone ombelicale possono rivolgersi al reparto
di ostetricia e ginecologia dell’ospedale in cui partoriranno per manifestare la
propria volontà alla donazione. La donazione è anonima e gratuita. Le mamme potranno,
comunque, anche al momento del parto, riconsiderare la loro decisione. L’iter prevede
il colloquio della futura mamma con un medico, per verificare che sussistano tutte
le condizioni di salute necessarie alla donazione. Al momento del parto viene eseguito
un prelievo di sangue alla mamma per gli esami obbligatori per legge (test infettivologici).
Tra i 6 e i 12 mesi dopo il parto, la mamma e il neonato verranno sottoposti ad
ulteriori controlli, necessari a confermare definitivamente l’idoneità del sangue
prelevato. In particolare per il bambino è prevista una visita pediatrica per escludere
la presenza di patologie ereditarie, mentre la mamma sarà sottoposta nuovamente
agli esami del sangue eseguiti al momento del parto.
COME AVVIENE LA DONAZIONE DI SANGUE CORDONALE?
La donazione
del sangue cordonale richiede la presenza in sala parto di personale appositamente
formato e la possibilità di trasferire il sangue raccolto presso la banca di conservazione
entro 36 ore dal parto. In Lombardia tutti i reparti di ostetricia e ginecologia
degli ospedali pubblici sono abilitati al prelievo del sangue cordonale. Le sacche
raccolte vengono inviate alla “banca regionale del sangue cordonale” che ha sede
presso il Centro trasfusionale del Policlinico S. Matteo di Pavia.
DOVE SI PUÒ DONARE IL SANGUE DEL
CORDONE OMBELICALE A LODI?
La donazione
è possibile sia dopo un parto naturale che dopo un parto cesareo. La raccolta del
sangue cordonale avviene, da parte di personale competente, dopo la recisione del
cordone ombelicale.
Per raccogliere
il sangue del cordone si applica un sistema che garantisce la massima sterilità.
E per conservare il sangue si utilizzano sacche sterili monouso. Ad ognuna di queste
sacche viene applicata un’etichetta con un codice a barre per garantirne la
tracciabilità.
Questo sistema di raccolta permette di ottenere per ogni donazione una quantità
di sangue compresa tra i 120 e i 140 milligrammi . Se la raccolta è inferiore a
tale valore, la donazione non può essere utile ai fini del trapianto.
CHE COSA SUCCEDE AL SANGUE DONATO?
Il sangue
raccolto viene consegnato entro 36 ore alla struttura del Servizio sanitario regionale
che ha il compito di analizzare, conservare e distribuire le sacche di sangue cordonale:
la banca regionale del sangue cordonale, che ha sede presso, Fondazione Policlinico San Matteo . In questa struttura il sangue
viene “tipizzato”, cioè ne vengono studiate le caratteristiche genetiche. Il sistema
di classificazione è chiamato HLA (Human Leucocyte Antigens) e serve per determinare
la compatibilità del sangue donato con l’eventuale destinatario del trapianto. In
media, circa il 60% delle sacche di sangue raccolte vengono scartate perché non
contengono una quantità di sangue tale da garantire un numero sufficiente di cellule
staminali necessarie per il trapianto. In questi casi, le donatrici vengono informate
per iscritto dello smaltimento del sangue donato. Le sacche valutate idonee per
trapianto vengono congelate e conservate in azoto liquido anche per decenni. La
banca del sangue cordonale detiene i dati genetici del sangue donato e li trasmette
al registro nazionale (IBMDR- Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo) ed internazionale
(WMDA – Associazione Mondiale Donatori di Midollo). In questi grandi database elettronici,
su richiesta del centro trapianti che ha in cura un malato, si esegue la ricerca
delle unità di sangue compatibili.
A CHI PUÒ ESSERE DESTINATO IL SANGUE
DEL CORDONE OMBELICALE?
Nel nostro
Paese, la donazione del sangue cordonale più diffusa e consolidata è la donazione
per trapianto allogenico non familiare: il sangue del cordone ombelicale viene raccolto
e successivamente certificato dalla banca dove rimane a disposizione di qualsiasi
malato che possa averne bisogno per trapianto. Si attua anche un altro tipo di donazione
di sangue cordonale: quella per trapianto allogenico familiare, la così detta donazione
dedicata, per curare un consanguineo del neonato (fratello, sorella …). Infine,
è possibile la conservazione per uso autologo, cioè destinata ad un eventuale uso
a favore del bambino stesso che lo ha donato, ma è vietata in Italia.
PERCHÉ, IN ITALIA, LA CONSERVAZIONE PER USO
AUTOLOGO DEL SANGUE CORDONALE È VIETATA?
Perché
non è stata ancora dimostrata la sua reale utilità, né in base alle conoscenze scientifiche
né in base alla pratica clinica. Per ottenere migliori risultati nella cura di malattie
del sangue (come la leucemia) è infatti preferibile usare cellule provenienti da
una persona diversa dal malato, perché in questo modo si accresce l’effetto immunologico
delle cellule trapiantate e quindi la possibilità di successo del trapianto. È stato
dimostrato, inoltre, che alterazioni genetiche tipiche di alcuni sottotipi di leucemie
infantili erano già presenti nel cordone dei bambini che hanno successivamente sviluppato
la malattia: in questo caso il trapianto autologo sarebbe del tutto inutile. La
conservazione per l’utilizzo autologo del sangue cordonale non è dunque attualmente
giustificata. Inoltre, riduce ulteriormente le probabilità di trovare un’unità di
sangue compatibile per la cura dei malati: solo aumentando il numero di donazioni
si accresce la probabilità di avere unità di sangue cordonale idonee al trapianto.
La conservazione per uso autologo è possibile solo presso banche private che lavorano
con finalità commerciali millantando indicazioni terapeutiche scientificamente non
dimostrate. Per ottenere l’autorizzazione all’esportazione del sangue cordonale
per conservazione autologa è necessario presentare una richiesta al Ministero della
salute italiano e farsi carico delle spese di prelievo, trasporto e conservazione.
PUÒ LA CONSERVAZIONE PER USO AUTOLOGO
ESSERE UNA FORMA DI PREVENZIONE?
No, in
nessun caso la conservazione autologa del sangue cordonale, destinata cioè esclusivamente
al bambino donatore, rappresenta una pratica preventiva per la cura delle eventuali
malattie del sangue o del sistema immunitario già citate (leucemie e linfomi, talassemia,
aplasia midollare e immunodeficienze congenite). Anche se la ricerca scientifica
è in continua evoluzione, non è ipotizzabile che nei prossimi decenni si possa realizzare
un uso clinico per il sangue cordonale autologo per la cura di malattie del sangue
o del sistema immunitario. Anche nell’ambito della Medicina rigenerativa, le cellule
staminali che vengono utilizzate dai
ricercatori,
necessarie alla rigenerazione di vari tessuti ed organi, sono quelle presenti nell’individuo
stesso anche in età adulta.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI CHI
SI PUÒ CONTATTARE?
Il proprio
ginecologo, gli operatori dei reparti di ostetricia, gli operatori del servizio
trasfusionale dell’ospedale dove si effettua la donazione e della banca regionale
del sangue cordonale” possono offrire ulteriori informazioni in merito alla donazione
di sangue del cordone ombelicale. Gli ematologi e i pediatri esperti in trapianto
di cellule staminali emopoietiche sono i medici a cui rivolgersi per informazioni
cliniche più dettagliate.
PUÒ LA CONSERVAZIONE PER USO AUTOLOGO
ESSERE UNA FORMA DI PREVENZIONE?
No, in
nessun caso la conservazione autologa del sangue cordonale, destinata cioè esclusivamente
al bambino donatore, rappresenta una pratica preventiva per la cura delle eventuali
malattie del sangue o del sistema immunitario già citate (leucemie e linfomi, talassemia,
aplasia midollare e immunodeficienze congenite). Anche se la ricerca scientifica
è in continua evoluzione, non è ipotizzabile che nei prossimi decenni si possa realizzare
un uso clinico per il sangue cordonale autologo per la cura di malattie del sangue
o del sistema immunitario. Anche nell’ambito della Medicina rigenerativa, le cellule
staminali che vengono utilizzate dai ricercatori, necessarie alla rigenerazione
di vari tessuti ed organi, sono quelle presenti nell’individuo stesso anche in età
adulta.
I DONATORI SONO TUTTI IMPORTANTI
MA NON SONO TUTTI UGUALI…
La necessità
del coinvolgimento dei cittadini stranieri
nella donazione di cellule staminali.
- Le loro caratteristiche immunogenetiche
legate alla differente appartenenza etnica, possono talora creare difficoltà nella
diagnostica immunoematologica e nell’assicurare una ottimale terapia trasfusionale
e trapiantologia
- Si rende quindi necessario l’inserimento
di nuovi donatori tra i cittadini immigrati per aumentare la disponibilità di emocomponenti
e cellule staminali compatibili
- E’ importante sottolineare infatti
l’assenza dei registri di donatori e delle banche di cellule staminali cordonali
in quasi tutte le nazioni di provenienza degli immigrati nonché la presenza di ogni
etnia di particolari dati genetici non presenti in altre zone
Donazione di sangue di cordone ombelicale
L’UOC di Medicina Trasfusionale di Sciacca è sede Centro Regionale di Riferimento
per la Banca di Sangue Cordonale.
L’attività di raccolta del sangue cordonale è svolta
nei seguenti punti nascita regionali attivi:
- P.O. "Giovanni Paolo II" Sciacca,
- A.O. S.Antonio Abate, Trapani;
- AOU Policlinico "P.Giaccone"; Palermo;
- Ospedale "Buccheri La Ferla Fatebenefratelli", Palermo;
- A.O.O.R. "Villa Sofia-‐Cervello"; Palermo;
- P.O. "San Giovanni di Dio", Agrigento;
- P.O. "Sant'Elia", Caltanissetta;
- AOU "Policlinico-‐Vittorio Emanuele" PO Santo Bambino I Gin.,
Catania;
- AOU "Policlinico-‐Vittorio Emanuele" PO Santo Bambino II Gin.,
Catania;
- A.O. "Cannizzaro", Catania;
- ARNAS “Garibaldi”, Catania;
- Casa di Cura "Falcidia"
- AOU Policlinico “G.Martino”, Messina;
- P.O. di Sant'Agata di Militello, PO “Civile Arezzo”, Ragusa
- e in fase di prossima attivazione da riqualificare (PO “Umberto I”, Enna;
- P.O. “Umberto I”, Siracusa.